Uno delle migliori commedie di Nanni Loy, graffiante, lucidissimo, amaramente politico e sentimentale
Grande interpretazione di Nino Manfredi e Leslie Caron, per raccontare cosa sta succedendo all’istituzione famigliare in un mondo sul ciglio di una rivoluzione
Uno dei migliori film di Nanni Loy, un ritratto graffiante e malinconico sul ciglio di un mondo che non sarà più lo stesso (il Sessantotto è di lì a un passo): Il padre di famiglia registra con straordinaria lucidità la crisi della famiglia tradizionale, la trave portante del consorzio civile stretta ora tra gioie repentine e frustrazioni che lasciano inermi. Loy e lo sceneggiatore Ruggero Maccari si confermano osservatori d’eccezione, artefici di una commedia al tempo stesso amaramente politica e sentimentale, che non risparmia le denunce agli scempi urbanistici del boom, le stoccate verso il metodo Montessori, un certo senso di vuoto lasciato dal tramonto di ideologie “sorpassate”. Nino Manfredi raramente è stato così intenso. Lo accompagna Leslie Caron, capace di attraversare la storia del cinema dal musical classico di Hollywood al cinema d’autore di Truffaut e Zanussi. Ugo Tognazzi è grande nei panni dell’anarchico, un ruolo che nelle intenzioni iniziali doveva spettare a Totò. Ma il “principe della risata” morì pochi giorni dopo l’inizio delle riprese, e appare solo in una breve scena a un funerale.
Gli architetti Marco e Paola si sono sposati poco dopo la fine della guerra. Paola resta affascinata dalle idee progressiste del marito, che intende battersi contro gli scempi urbanistici. Ma la donna deve abbandonare il lavoro per dedicarsi a tempo pieno ai tre figli. Marco frequenta un’amante. Paola viene ricoverata per un esaurimento nervoso. La famiglia si riunirà, ma gli eventi hanno lasciato un segno indelebile.