Mentre Fellini impazza nella Roma della Dolce Vita del glamour con Anita e Marcello, Monicelli attraversa gli stessi luoghi con Magnani e Totò, irresistibili perdenti
Totò e Anna Magnani per l’unica volta insieme in uno dei film più sorprendenti del maestro della commedia italiana
Risate di gioia, a lungo sottostimato, va inserito di diritto tra i grandi capolavori di Mario Monicelli e della commedia italiana. Dopo i successi della Grande guerra e dei Soliti ignoti, Monicelli mette a confronto una coppia di giganti del cinema italiano, Totò e Anna Magnani, esaltando al massimo le doti interpretative di entrambi, in due ruoli difficili, ricchi di sottili sfumature, lontani dalle “maschere” confortevoli che hanno indossato in molti altri titoli. Scritto dal regista assieme a Suso Cecchi D’Amico, Age e Scarpelli, ispirato vagamente a racconti di Alberto Moravia, il film è molto più amaro di quanto prometta il titolo, nonostante sia attraversato dalle scintille dell’avanspettacolo e scossa da una successione di gag e battute a tratti irresistibili. Anna Magnani (reduce dal suo periodo americano che l’ha vista duettare con Anthony Quinn, Marlon Brando e Burt Lancaster e vincere un Oscar) se ne va in giro con uno spiumato boa di struzzo e una testa di capelli biondi. Totò trascina il suo vecchio frac e perpetua l’eterna fatica dell’arte di arrangiarsi. I due attraversano la stessa Roma che Federico Fellini, pochi mesi prima, rileggeva nei fasti della Dolce Vita, arricchendo la città eterna di un’ulteriore sfumatura sconcertante. All’epoca il film non ebbe il successo sperato e previsto, forse per via di quella sua vena dolente e nostalgica, quel dosatissimo miscuglio di risate e pessimismo di cui Monicelli è maestro. Resta l’unico incontro di Magnani e Totò, e basterebbe questo per riservargli un posto d’onore e, per arricchire il piatto, c’è anche un giovane e luciferino Ben Gazzara
La notte del 31 dicembre, Gioia, una comparsa non più giovanissima, impone la propria compagnia a Infortunio, un attore di quart’ordine, che invece vorrebbe dedicarsi a qualche furtarello in combutta con un giovinastro. I tre hanno diverse avventure e Gioia s’illude che il giovane farabutto la ami, finché, verso l’alba, costui non tenta un reato sacrilego. La donna cerca d’impedirglielo e, per un equivoco, viene arrestata.