Il secondo film di Matarazzo con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson: dopo Catene, un altro melodramma di grandezza sublime che ha commosso il mondo
I film di Matarazzo, ad ogni visione, si arricchiscono di impreviste sfumature e ci colpiscono con forza rinnovata
Così parlò Raffaello Matarazzo: “Il sentimento, secondo me, non è facile né difficile, o c’è o non c’è, o arriva al cuore degli spettatori o non arriva, questo è il problema; se fosse così facile e alla portata di tutti il commuovere una platea, le miniere d’oro e di brillanti diventerebbero banali speculazioni di fronte a una così sicura fonte di guadagno”. Matarazzo, quel dono di incantare il pubblico fino alle lacrime ce l’aveva, eccome, come dimostra lo straordinario successo di questo suo secondo straordinario melodramma con Nazzari e la Sanson, seguito immediato del ciclonico Catene. Ma anche se tentassimo di enucleare tutti gli ingredienti di una formula infallibile, non arriveremmo a svelare il nocciolo di un mistero: i film di Matarazzo non riescono a diventare inattuali, si arricchiscono a ogni visione di nuove sfumature, colpiscono ancora con una forza che ci lascia inermi. Hanno qualcosa di diabolico.
Perseguitata dalle angherie della perfida matrigna, Anna fugge da casa e raggiunge il fidanzato Carlo, ingegnere a Milano. L’uomo viene però incarcerato ingiustamente e la giovane si ritrova incinta. Trova impiego come lavapiatti ma se ne va dopo aver respinto i tentativi di seduzione del proprietario del locale. La piccola figlioletta intanto è malata, e Anna non può far altro che rivolgersi alla matrigna per ottenere aiuto. In cambio, però, è costretta a sparire dalla circolazione. Carlo è scarcerato, e dovrà cercare di ricomporre la sua famiglia smarrita.