Un lussuoso feuilletton che ricostruisce con esattezza un’epoca
Laura Antonelli in una pietra miliare dell’erotismo al cinema
Divina creatura mantiene l’aura del lussuoso feuilleton (come lo era del resto il romanzo all’origine, scritto da Luciano Zuccoli), ma lo cala in una dimensione storica ricostruita con encomiabile attenzione. La ricostruzione dell’Italia aristocratica dei primissimi anni ’20, assuefatta alla noia e incapace di ideali, è un buonissimo modo per comprendere un periodo che ha favorito l’affermarsi del fascismo. La cura del dettaglio si esalta appieno nelle scenografie sontuose e nei costumi da sogno. E aggiungiamoci le musiche di Morricone e la fotografia di Giuseppe Rotunno, entrambe impeccabili. Ma tutti gli appassionati in materia ricordano i sette minuti di nudo integrale di Laura Antonelli sdraiata sul divano a fumare una sigaretta, una pietra miliare dell’erotismo al cinema.
Un duca si innamora di una ragazza di lignaggio inferiore, e resta sconvolto quando scopre che la donna pratica disinvoltamente la prostituzione. A portarla a lavorare nei bordelli è stato il cugino del duca. Si innesta un torbido rapporto a tre, da cui lei si ritrarrà disgustata, portando al suicidio il duca.