Fango bollente è un film che lascia il segno. In parte poliziottesco, in parte noir, ma soprattutto un ritratto spietato dell’alienazione, che non a caso ha come sfondo la Torino capitale industriale d’Italia. “Questa società ormai produce di tutto. Perché non dovrebbe produrre anche mostri?”, chiede uno dei malefici protagonisti del film, interpretato da Joe Dalessandro, già figura centrale della factory di Andy Wharol. La tensione che anima il film si può ben riassumere in quella frase. Fango bollente colpisce per la sua violenza sadica, che in molti hanno avvicinato a quella di Arancia meccanica di Stanley Kubrick, e che ha procurato alla pellicola non pochi grattacapi in censura. Un oggetto dal fascino anomalo.
Tre giovani impiegati dall’apparenza tranquilla la notte si trasformano in criminali senza pietà. Sulle loro tracce si mette un commissario espulso dalla squadra mobile. Due li beccherà. Ma il terzo?