Tutta la suspense e la tensione del miglior noir francese, tra cacce all’uomo e fatalismo
Due giganti del cinema francese si incontrano per la prima volta: Jean Gabin, il mito scolpito nella roccia, e Gérard Dépardieu, in uno dei suo primi ruoli di rilievo
Un avvincente poliziesco carico di suspense e tensione: come nella miglior tradizione francese, gli inseguimenti e le sparatorie si lasciano infiltrare da un senso fatalista, il sogno di una felicità che non si farà mai acchiappare. La tradizione del noir trova nuovi colori nella splendida fotografia di Claude Renoir, che ricostruisce un universo livido e crepuscolare, di particolare efficacia quando affonda nel ventre molle di Pigalle. Jean Gabin, ormai vicino alla settantina, si porta sulle spalle tutto il suo mito senza farsi da esso soverchiare: è il commissario della vecchia scuola che, con quegli occhi azzurro chiari, ha ormai visto tutto. Lo fronteggia Fabio Testi, che a dispetto di tutta la sua prestanza atletica è incapace di liberarsi dal Male. In uno dei suoi primi ruoli importanti, troviamo Gerard Dépardieu, ladruncolo e informatore già sovraccarico di energia.
Il commissario Le Guen cattura il killer Gassot e non condivide la scelta di rinchiuderlo in un ospedale psichiatrico. In effetti, Gassot riesce a darsi alla fuga e ricomincia a mietere vittime. Tra poliziotto e assassino comincia una caccia feroce. Entrambi sono soli, uno contro l’altro. Fino allo sparo finale.