“Un film magico e inquietante, di un erotismo traumatizzante” (Jean-Louis Comolli)
Daliah Lavi è arcaica, selvatica, indimenticabile
Brunello Rondi è uno degli autori più anomali del panorama italiano. Con questo suo debutto, spiazzò critica e pubblico al festival di Venezia. Non furono in molti a capire che si trattava di un film in grado di anticipare più di una tendenza del cinema a venire. Pesantemente sottovalutato in patria, salutato con entusiasmo all’estero, Il demonio non va confuso per un film di pretese scientifiche, nonostante la consulenza del padre dell’etnologia italiana, Ernesto De Martino. Come avverte lo stesso regista, è un racconto su nevrosi e sesso, sull’irrazionale che esplode contro le convenzioni, sul potere destabilizzante dell’amour fou. “Un film magico e inquietante, di un erotismo traumatizzante”, scriveva il critico francese Jean-Louis Comolli. Daliah Lavi è arcaica, selvatica, indimenticabile.
In un paesino lucano, la giovane Purificazione pratica una fattura per legare a sé Antonio, l’uomo che ama. Non riesce nell’intento, e quando l’amato si sposa con un’altra lancia una maledizione. Colta da una crisi isterica, è condotta da uno stregone che la violenta. Anche un esorcismo in chiesa non ha effetto. Antonio la crede maledetta e aizza i compaesani per linciarla. La ragazza riesce a fuggire, l’uomo la raggiunge, fa l’amore con lei e il mattino dopo la uccide.