Il genio di Jules Dassin in un film che sfugge a qualsiasi classificazione
Commedia, allegoria, fantasia musicale, film di denuncia: una miscela di complessità esplosiva convertita in capolavoro
Gina Lollobrigida e Marcello Mastroianni all’apice della loro bellezza
Il regista statunitense Jules Dassin, costretto a un forte ostracismo in patria nel periodo della caccia alle streghe maccartista, viene oggi ricordato soprattutto per i suoi noir belli, spiazzanti, disperati e intrisi di realismo risalenti al periodo d’oro del genere. La legge è una conferma eccellente del suo genio. Il film è al tempo stesso un’allegoria complessa, un’accurata documentazione di un luogo (Carpino, nel Gargano), un mélo intriso di erotismo (grazie in buona misura alla presenza di Gina Lollobrigida), una commedia intessuta di fantasie musicali, un film di denuncia forte e chiara, capace di scatti di pura crudeltà. A volte i film inclassificabili sono semplicemente confusi. In questo caso, almeno una classificazione corre d’obbligo: un capolavoro. E un cast straordinario.
Il gioco della legge prevede che nelle osterie si elegga un capo che, per la durata di una bevuta, ha il diritto di spadroneggiare sugli altri. Allo stesso modo, in paese, più di un prepotente con la forza e il denaro dalla sua parte cerca di dettare la propria legge sulla vita altrui. In mezzo a queste manovre si trova la scaltra e sensuale Marietta, che in molti vorrebbero domare in nome della “legge”. Lei, però, si è innamorata di un giovane agronomo venuto da fuori…