Il graffio di Dino Risi si intride di lirismo e mistero in un racconto agrodolce e labirintico
Ugo Tognazzi in perfetto equilibrio tra verità e menzogna, Ornella Muti una bellezza dai chiaroscuri ambigui
Tratto con sostanziale fedeltà dal bestseller di Piero Chiara (“un balletto con movenze farsesche”, secondo il critico Antonio Altomonte), il film di Dino Risi mantiene magistralmente fluido un racconto aggrovigliato, dal sapore agrodolce, tra paesaggi ariosi, sghignazzi malandrini, spregevolezze e simpatiche ribalderie. Su tutto domina la figura di Ugo Tognazzi nei panni del subdolo Temistocle, in una delle sue prove migliori, “in sagace equilibrio tra verità e menzogna, cinismo e passione, decoro e bassezza”, come sentenziò il critico Gian Luigi Rondi. L’oggetto del suo desiderio è una Ornella Muti che emana una bellezza dai chiaroscuri ambigui e interpreta il personaggio della vedova Berlusconi. Il graffio di Dino Risi con gli anni non si è affievolito. Ma è riuscito a fonderlo nel mistero e nel lirismo.
1946. Un giovanotto consuma i suoi giorni in avventure galanti sul Lago Maggiore. Incontra Temistocle, il proprietario di una villa afflitto dalla moglie e interessato alla giovane cognata. L’amicizia che ne segue è per Temistocle solo un alibi per portare a termine il delitto della consorte e conquistare la cognata…