Una fuga dalla sterilità dell’Occidente per tornare all’essenza delle cose nel magnifico scenario dell’Eritrea
Una commedia attraversata da umori struggenti e da lampi estatici misteriosi
Opera inconsueta per Luigi Magni, più frequentemente impegnato a riportare in luce con brio e intelligenza gli umori antichi della sua Roma. Qui la città eterna è il luogo da cui sfuggire. Catherine Spaak è magnificamente eterea nel suo ruolo di moglie borghese che scopre il desiderio di una strada senza ritorno. Abbagliati assieme a lei da un territorio che travolge con le sue bellezze paesaggistiche e ridisegna completamente le priorità dell’esistenza, finiamo anche noi per essere tentati dalla “via dei babbuini”: il sentiero nella savana che le scimmie, al calare della sera, percorrono per tornare ai loro alberi nella foresta e ritrovare la loro essenza più pura. Film di bellezza straniante, che impregna la commedia di malinconia estatica e struggente.
Fiorenza, legata con lo snob Orazio da un matrimonio che si trascina stancamente, si reca in Eritrea per incontrare il padre, un vecchio colonialista sul punto di morire. In Africa, la donna fa la conoscenza dello stravagante Getulio, che passa il tempo filosofeggiando sulla vita e dando la caccia a un enorme coccodrillo. Orazio raggiunge Fiorenza per riportarla a casa, ma la ragazza ha deciso di seguire un altro destino.