A chi gli chiedeva del Padrino di Coppola, Rosi rispondeva così: “È un grande film, ma il suo Padrino è un personaggio mitico, raccontato così bene che la gente ci si identifica. Io invece, nel mio cinema, ho sempre voluto il contrario: che il pubblico non si identificasse. Che si concentrasse sulla verità”. L’aspetto straordinario dei migliori film di Rosi (e Lucky Luciano vi rientra appieno) è la naturalezza con la quale la precisione della ricerca storica si innesta in una narrazione estremamente coinvolgente e vorticosa. Il suo è un cinema che lavora in profondità senza mai cadere nella pedanteria, mantenendo sempre vigile l’attenzione del pubblico. Lucky Luciano è un romanzo criminale che scava con rara lucidità negli intrecci tra potere legale e illegale, restituendoci un personaggio indimenticabile, dalle sfumature densissime. Gian Maria Volonté qui è un gigante. Racconta Rosi che l’ultima amante di Luciano, quando vide l’attore vestito e truccato sul set, lo fissò sbalordita esclamando: “È isso!”
Lucky Luciano è stato il capo assoluto della mafia italoamericana a partire dal 1931. Arrestato nel 1937, facilita coi suoi contatti lo sbarco delle forze alleate in Sicilia durante la guerra. Scarcerato per i servigi resi alla Marina e rispedito in Italia nel 1946, verrà accusato di tenere le fila del traffico internazionale di droga. Ma nessuno riuscirà a incastrarlo. Muore d’infarto nel 1962, portandosi nella tomba i suoi enormi segreti.