Jean Gabin porta nel suo commissario tutta la sua personalità inconfondibile, e ne fa il Maigret più amato di tutti
Un giallo avvincente, con tocchi gotici e nostalgici
Nel novero dei tanti Maigret portati al cinema, quello interpretato da Jean Gabin è tra i più ricordati dal pubblico internazionale: forse perché è il frutto di un perfetto amalgamarsi dell’immaginario letterario creato da Simenon e del mito che l’attore negli anni si era creato con le sue indimenticabili interpretazioni. Lo scrittore nota subito che Gabin ha apportato al personaggio una personalità infedele all’originale: troppo trasandato nel vestire, osserva, troppo all’americana. Questo non sminuisce affatto la forza del commissario: lo pone sotto una luce diversa, ancora più ricca ed umana. Per Delannoy e Gabin è il secondo Maigret (dopo il successo del precedente Il commissario Maigret): la tensione narrativa regge alla meraviglia, portandoci in territori che lambiscono allo stesso tempo il lugubre e il nostalgico.
La contessa Saint-Fiacre invita il commissario Maigret al suo castello: ha ricevuto infatti alcune lettere anonime che predicono la sua stessa morte per l’indomani. Puntualmente, la minaccia si avvera. Maigret, con la sua consueta abilità, riuscirà a dipanare la matassa.