La prima incursione dei fratelli Vanzina nel genere thriller, con un occhio ad Alfred Hitchcock e uno a Dario Argento.
Carole Bouquet è un oscuro oggetto del desiderio ammantata di bellezza, fascino e mistero.
Dopo aver sbaragliato la concorrenza con la commedia più ruspante alla Diego Abatantuono e quella più teneramente nostalgica alla Sapore di mare (e poco prima di inventare praticamente un nuovo genere con Vacanze di Natale), la premiata ditta dei fratelli Vanzina si cimenta per la prima volta col thriller. Sono le prove generali, peraltro egregiamente eseguite, del successivo e trionfale Sotto il vestito niente. I Vanzina corteggiano Alfred Hitchcock e Dario Argento, ma stanno ben attenti a evitare l’emulazione. Il loro è un approccio che ibrida con intelligenza omicidio e glamour, sorretto da una sceneggiatura calibrata nei minimi dettagli. Al centro dell’intrigo c’è, sì, una prostituta, ma una prostituta d’alto bordo, che bazzica la via Veneto di felliniana memoria. Lei è Carole Bouquet, oscuro oggetto del desiderio che illumina il film con la sua conturbante ambiguità dalla prima all’ultima inquadratura.
A causa di un accendino, Mystère, una prostituta d’alto bordo, si trova invischiata in due omicidi e rischia pure lei di fare una brutta fine, non fosse per l’intervento di un commissario. L’accendino nasconde un microfilm, che contiene le immagini di un attentato ambite dalla Criminalpol. Il commissario lo consegna in cambio di una ricca somma, prende i soldi e scappa. Mystère lo raggiunge nel suo esilio dorato, e non fatica a convincerlo a condividere con lei vita e malloppo.