Uno dei melodrammi più folli del cinema italiano
Yvonne Sanson, l’eroina del cinema di Matarazzo in una spirale di colpi di scena a non finire
Il melodramma non è mai stato un genere propenso a rendersi la vita facile. Dopo lo strepitoso successo aperto da Catene, la Titanus insiste sul genere. Se i film di Raffaello Matarazzo esploravano narrazioni disseminate di ostacoli, colpi di sfortuna cosmici e agnizioni, con Noi peccatori la ricetta è portata a conseguenze estreme. Ne esce un romanzone dove non ci si fa mancare niente: traumi postbellici, cecità, incursioni nei bassifondi dei nightclub, mamme incarcerate senza nessuna colpa, incidenti stradali, paralisi. E un intervento divino che scioglie le catene con un colpo di coda grandioso: davanti alla statua della Madonna, si compie il triplice miracolo di riunire gli amanti, guarire gli atei e rimettere in piedi i paraplegici. Yvonne Sanson, l’eroina delle lacrime matarazziane, è il veicolo ideale di questa spirale di cadute e risalite (quando canta la doppia Nilla Pizzi). Oltretutto, chi si sente particolarmente smaliziato può anche viverlo come una parodia.
Dopo i traumi della guerra Stefano ha perso la fede. A Napoli si innamora di Lucia, una buona infermiera con la madre in carcere per una falsa accusa. Stefano, salvando un amico da un incendio, rimane gravemente ferito agli occhi e ha bisogno di un’operazione. Lucia, per pagargliela, accetta di esibirsi in un night. Stefano, guarito, la crede una scostumata e la abbandona. Lucia viene travolta da un auto e perde l’uso delle gambe. Sua madre, intanto, viene scagionata, Stefano scopre la verità sul sacrificio di Lucia, la raggiunge a una processione a Pompei e qui avviene il miracolo.