Da uno dei maestri più sfuggenti del thriller internazionale, un tortuoso viaggio nel delitto e nella psiche
Un’opera profonda e spiazzante, che ti tiene incollato alla sedia
Il cinema di Claude Chabrol prende linfa da un’apparente contraddizione: un lavorio di cesello che costruisce straordinari meccanismi narrativi a orologeria, un costante affondo nei grumi più oscuri e imprevedibili della psiche umana (o meglio, borghese). In breve: un rigore che rischia di sgretolarsi da un momento all’altro sotto i colpi della follia. Profezia di un delitto approfondisce il carattere spiazzante e sorprendente del cinema di Chabrol accompagnandoci in una trama tesissima: appena ci illudiamo di aver indovinato il percorso giusto, scopriamo di esserci ancora una volta smarriti. Il film è un gioco di specchi che confonde realtà e finzione, un’affermazione illusoria del controllo del regista sulla propria macchinazione. Parte dalla parapsicologia e finisce nel Giulio Cesare di Shakesperare (“Se noi siamo schiavi, il destino, caro Bruto, non è nelle stelle, ma in noi stessi”). Un film che ti tiene incollato alla sedia.
Su un battello diretto verso l’isola tunisina di Djerba, lo sfaccendato Edouard si imbatte in un veggente che predice un fatto delittuoso. Edouard decide di rendere reale la profezia tramando contro una coppia in crisi, Sadry e Sylvia. La situazione tra i due si complica quando entra in gioco un’ex amante del marito. Il piano di Edouard sembra perfetto. Sembra.