Mario Monicelli (il regista di commedie più genialmente cattive del cinema italiano) loda così l’innovazione portentosa impressa da Alberto Sordi nel mondo della comicità: “ Aveva inventato un tipo comico eccezionale che faceva ridere solo con i lati negativi”. Fuori di dubbio, buona parte del merito va condiviso con lo sceneggiatore di fiducia dell’attore romano, Rodolfo Sonego, capace in questo film di graffiare con particolare lucidità. L’eroe dei nostri tempi è un uomo meschino, pronto sempre a scaricare le colpe sugli altri, triturato da un contesto altrettanto greve. Eppure, riesce ad apparirci intrigante: più di un critico, non a caso, ha colto le affinità con certi personaggi di Checov. Monicelli, Sordi e Sonego si confermano maestri della commedia amara, che funziona come specchio della meschinità del nostro mondo, lasciandoci sospesi tra il riso e l’indignazione. Insomma: il prototipo della migliore commedia all’italiana. Una lode anche alla capacità di giostrare con mano sicurissima i personaggi di contorno, su tutti Franca Valeri, grande come sempre.
Oppresso da una zia e da una domestica asfissianti, Alberto teme qualsiasi forma di coinvolgimento, si schiera sempre dalla parte del potere, stenta parecchio ad avere un approccio aperto con l’altro sesso. Suo malgrado, viene sospettato di essere l’autore di un attentato politico. Una volta scagionato, decide che il modo più sicuro per trovare protezione è arruolarsi nella polizia.