Avventura di ambizioni colossali che ci porta in un Oriente da favola con una profusione di magnifiche scenografie ricostruite e naturali
Un cast di star internazionali che vede in prima fila Anthony Quinn, Omar Sharif e Orson Welles in un gustoso cameo
All’epoca il film fece molto parlare di sé come operazione votata alla catastrofe. Il film ha l’ambizione del kolossal chiamato a stupire il pubblico in cerca di meraviglie percettive, con set giganteschi, profusione di comparse, ricostruzioni dispendiose di un Oriente favolistico, esterni mozzafiato girati in India, Afganistan, Iran. Le infinite vicissitudini produttive (la perdita di Alain Delon per il ruolo principale probabilmente non fu il problema maggiore) non fecero altro che peggiorare le sorti di un film troppo enorme per sostenere il proprio peso e recuperare i denari spesi. A riguardarlo oggi, però, ha il fascino magari un po’ perverso dell’oggetto di lusso caduto in disuso, dell’impresa suicida attraversata da folle magnificenza. Dal cast spuntano notevoli chicche: Anthony Quinn poco riconoscibile nei panni del Kublai Kahn, Omar Sharif in quelli di un emiro, e Orson Welles in un breve ma gustoso cameo che lo vede fare il tutore di Marco.
XIII secolo. Marco Polo, figlio di un mercante veneziano e sognatore di grandi avventure, è incaricato di intraprendere un lungo viaggio verso l’Oriente per portare una missiva di pace di papa Gregorio X a Kublai Kahn, imperatore della Cina. Dopo tre anni e mezzo di periglioso e meraviglioso peregrinare, Marco giungerà a destinazione, sventerà un piano per usurpare il trono e guadagnerà la fiducia e la riconoscenza dell’imperatore.