I MAGLIARI

I MAGLIARI

Regia di

Francesco Rosi

Anno

1959

Genere

Drammatico

Categoria

Cinema


sinossi

Al secondo film, il giovane Francesco Rosi si dimostra regista già maturo. I magliari si nutre in parte della lezione neorealista, la impregna di amara commedia, coglie le suggestioni del noir (enfatizzate dallo splendido bianco e nero di Gianni Di Venanzo), e tratteggia un ritratto denso e potente di un momento segnato da grandi trasformazioni. In questo gruppo di truffatori senza scrupoli e operai delusi emigrati in Germania, troviamo una sorta di lato oscuro dell’ottimistico fervore economico che stava in quegli anni ridisegnando le sorti dell’Europa. Le loro vicende sono lo specchio di un contesto storico segnato da profonde contraddizioni: tra ostentazione della ricchezza e meschina arte di arrangiarsi, tra euforia e senso di impotenza, tra capitalismo e truffa, tra Nord e Sud, tra comprensione umana e feroce critica sociale. Come scrisse Pier Paolo Pasolini, quella di Alberto Sordi è una comicità “che nasce dall’attrito con la variopinta e standardizzata società moderna di un uomo il cui infantilismo anziché produrre ingenuità, candore, bontà, disponibilità, ha prodotto egoismo, vigliaccheria, opportunismo, crudeltà”.

Mario, giovane operaio grossetano emigrato ad Hannover e in preda allo sconforto, incontra il romano Totonno, che lo introduce nel mondo dei magliari (truffatori che commerciano in stoffe di infima qualità). Totonno abbandona la banda di napoletani con cui lavorava per mettersi in proprio ad Amburgo, dove spaccia le stoffe dell’industriale tedesco Mayer. Mario lo segue, e finisce per innamorarsi della frivola moglie di Mayer. Sia per lui che per Totonno la nuova avventura si rivelerà un fallimento.

Al secondo film, il giovane Francesco Rosi si dimostra regista già maturo. I magliari si nutre in parte della lezione neorealista, la impregna di amara commedia, coglie le suggestioni del noir (enfatizzate dallo splendido bianco e nero di Gianni Di Venanzo), e tratteggia un ritratto denso e potente di un momento segnato da grandi trasformazioni. In questo gruppo di truffatori senza scrupoli e operai delusi emigrati in Germania, troviamo una sorta di lato oscuro dell’ottimistico fervore economico che stava in quegli anni ridisegnando le sorti dell’Europa. Le loro vicende sono lo specchio di un contesto storico segnato da profonde contraddizioni: tra ostentazione della ricchezza e meschina arte di arrangiarsi, tra euforia e senso di impotenza, tra capitalismo e truffa, tra Nord e Sud, tra comprensione umana e feroce critica sociale. Come scrisse Pier Paolo Pasolini, quella di Alberto Sordi è una comicità “che nasce dall’attrito con la variopinta e standardizzata società moderna di un uomo il cui infantilismo anziché produrre ingenuità, candore, bontà, disponibilità, ha prodotto egoismo, vigliaccheria, opportunismo, crudeltà”.

Mario, giovane operaio grossetano emigrato ad Hannover e in preda allo sconforto, incontra il romano Totonno, che lo introduce nel mondo dei magliari (truffatori che commerciano in stoffe di infima qualità). Totonno abbandona la banda di napoletani con cui lavorava per mettersi in proprio ad Amburgo, dove spaccia le stoffe dell’industriale tedesco Mayer. Mario lo segue, e finisce per innamorarsi della frivola moglie di Mayer. Sia per lui che per Totonno la nuova avventura si rivelerà un fallimento.


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