IO LA CONOSCEVO BENE

IO LA CONOSCEVO BENE

Regia di

Antonio Pietrangeli

Anno

1965

Genere

Drammatico

Categoria

Cinema


sinossi

Il capolavoro di Antonio Pietrangeli, uno dei ritratti di donna più lucidi, complessi ed amari del cinema mondiale

Stefania Sandrelli al massimo del suo fulgore e due mattatori della commedia italiana, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, in un racconto di modernità stilistica ancora sorprendente

Il capolavoro di Antonio Pietrangeli è uno dei “ritratti di donna” più lucidi e complessi prodotti dal cinema italiano. La giovane Anna (una Stefania Sandrelli raramente così convincente) approda dalla provincia a Roma per inseguire il sogno della carriera cinematografica. Apparentemente una ragazza superficiale, volubile: “le scivola tutto addosso”, come sentenzia uno dei suoi amanti. In realtà, a guardarla più da vicino, una figura tragica, alla ricerca di una emancipazione impossibile in un ambiente di avvilente cinismo, non lontano da quello descritto da Fellini nella Dolce Vita. Pietrangeli costruisce un racconto di modernità stilistica che ancora riesce a stupire e a coinvolgere appieno, una narrazione spezzata in episodi e flashback che riesce a mantenere una straordinaria fluidità.  Accanto alla Sandrelli, due mattatori della commedia italiana, Nino Manfredi e Ugo Tognazzi, che il regista valorizza alla perfezioni nei loro aspetti più amari. Tra i protagonisti del film, però, va annoverata anche la musica: le vicende, infatti, si fondano mirabilmente con una ricca selezione dei migliori interpreti della musica leggera italiana di quegli anni.

Un’ingenua provinciale attende la grande occasione che le apra le porte del cinema. Passa da un mestiere all’altro, da un amante all’altro, da un’amarezza all’altra, finché l’unica via che le sembra percorribile è lanciarsi da una finestra aperta.

Il capolavoro di Antonio Pietrangeli, uno dei ritratti di donna più lucidi, complessi ed amari del cinema mondiale

Stefania Sandrelli al massimo del suo fulgore e due mattatori della commedia italiana, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, in un racconto di modernità stilistica ancora sorprendente

Il capolavoro di Antonio Pietrangeli è uno dei “ritratti di donna” più lucidi e complessi prodotti dal cinema italiano. La giovane Anna (una Stefania Sandrelli raramente così convincente) approda dalla provincia a Roma per inseguire il sogno della carriera cinematografica. Apparentemente una ragazza superficiale, volubile: “le scivola tutto addosso”, come sentenzia uno dei suoi amanti. In realtà, a guardarla più da vicino, una figura tragica, alla ricerca di una emancipazione impossibile in un ambiente di avvilente cinismo, non lontano da quello descritto da Fellini nella Dolce Vita. Pietrangeli costruisce un racconto di modernità stilistica che ancora riesce a stupire e a coinvolgere appieno, una narrazione spezzata in episodi e flashback che riesce a mantenere una straordinaria fluidità.  Accanto alla Sandrelli, due mattatori della commedia italiana, Nino Manfredi e Ugo Tognazzi, che il regista valorizza alla perfezioni nei loro aspetti più amari. Tra i protagonisti del film, però, va annoverata anche la musica: le vicende, infatti, si fondano mirabilmente con una ricca selezione dei migliori interpreti della musica leggera italiana di quegli anni.

Un’ingenua provinciale attende la grande occasione che le apra le porte del cinema. Passa da un mestiere all’altro, da un amante all’altro, da un’amarezza all’altra, finché l’unica via che le sembra percorribile è lanciarsi da una finestra aperta.


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