LA MAJA DESNUDA

LA MAJA DESNUDA

Regia di

Henry Koster

Anno

1958

Genere

Drammatico

Categoria

Cinema


sinossi

Col suo lussureggiante Technicolor, i suoi costumi sontuosi, le scenografie nelle quali ci si può perdere in ammirazione, La maja desnuda sfida Hollywood sul suo stesso terreno, e non ne esce affatto sconfitto. Come nei migliori melodrammi di ambizioni colossali, gli amori che bruciano l’anima si stagliano contro gli orditi di una Storia lacerata dai conflitti di potere. Ma il fuoco che brucia più urticante si irradia dal corpo e dal volto di Ava Gardner, una delle più grandi ipnotizzatrici che il cinema abbia mai avuto. Dirige Henry Koster, grande volpone del cinema americano inteso come spettacolo più grande della vita: suo, qualche anno prima, era stato La tunica, il film che ha aperto la strada alle magnificenze del CinemaScope. Lo splendore visivo del film va però attribuito soprattutto al merito del direttore della fotografia Giuseppe Rotunno  (qualche anno dopo sarà il genio della luce del Gattopardo di Luchino Visconti) che in vari frangenti ricrea con precisione alcune delle tele più famose del pittore spagnolo.

Goya, giovane pittore dal temperamento ribollente, in una taverna difende la duchessa d’Alba da un avventore troppo intemperante. I due si innamorano. Goya diventa pittore di corte. La duchessa finisce in esilio a causa delle trame del perfido primo ministro Godoy. La donna, per timore che anche l’amato finisca nella morsa del suo nemico, tronca la relazione. Le truppe di Napoleone assaltano la Spagna, la duchessa si batte per salvare la sua terra, Godoy la fa avvelenare. Sul letto di morte della donna, Goya viene a conoscere la verità di quell’amore tanto grande da accettare il sacrificio dell’abbandono. 

Col suo lussureggiante Technicolor, i suoi costumi sontuosi, le scenografie nelle quali ci si può perdere in ammirazione, La maja desnuda sfida Hollywood sul suo stesso terreno, e non ne esce affatto sconfitto. Come nei migliori melodrammi di ambizioni colossali, gli amori che bruciano l’anima si stagliano contro gli orditi di una Storia lacerata dai conflitti di potere. Ma il fuoco che brucia più urticante si irradia dal corpo e dal volto di Ava Gardner, una delle più grandi ipnotizzatrici che il cinema abbia mai avuto. Dirige Henry Koster, grande volpone del cinema americano inteso come spettacolo più grande della vita: suo, qualche anno prima, era stato La tunica, il film che ha aperto la strada alle magnificenze del CinemaScope. Lo splendore visivo del film va però attribuito soprattutto al merito del direttore della fotografia Giuseppe Rotunno  (qualche anno dopo sarà il genio della luce del Gattopardo di Luchino Visconti) che in vari frangenti ricrea con precisione alcune delle tele più famose del pittore spagnolo.

Goya, giovane pittore dal temperamento ribollente, in una taverna difende la duchessa d’Alba da un avventore troppo intemperante. I due si innamorano. Goya diventa pittore di corte. La duchessa finisce in esilio a causa delle trame del perfido primo ministro Godoy. La donna, per timore che anche l’amato finisca nella morsa del suo nemico, tronca la relazione. Le truppe di Napoleone assaltano la Spagna, la duchessa si batte per salvare la sua terra, Godoy la fa avvelenare. Sul letto di morte della donna, Goya viene a conoscere la verità di quell’amore tanto grande da accettare il sacrificio dell’abbandono. 


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