Un western di grande originalità che si tinge di detective-story e smaschera i colpevoli con la forza grafica del disegno
Diretto dal solido e prolifico spagnolo Rafael Romero Marchent, La preda e l’avvoltoio può soddisfare sia coloro che cercano nel western i tratti classici del genere, sia chi preferisce battere territori inconsueti. Uno dei punti di forza è l’elaborata originalità della trama, sorretta da un senso del racconto efficace e armonioso, attraversata da spunti degni di un giallo-poliziesco. Pur se il centro della vicenda è uno dei temi più consolidati del western, la sete di vendetta, premesse e svolgimento sono del tutto nuove. Il protagonista è infatti un giovane che nella vita avrebbe preferito tenere in mano gli utensili del pittore, piuttosto che gli strumenti di morte. E lo smascheramento del colpevole nasce dalla sua abilità nel cogliere i particolari attraverso l’arte del disegno. Un bel ruolo al femminile è ritagliato per Orchidea De Santis, amata reginetta della commedia erotica di quel decennio.
Il giovane Danny convince il padre a vendere i terreni per accompagnarlo in città e permettergli di studiare disegno, ma una banda assalta la loro diligenza e fa fuori il genitore. Il ragazzo ordisce la vendetta, mettendosi sulle tracce dei colpevoli grazie alla sua memoria visiva e alla sua abilità pittorica. Vacilla, quando un paio di speroni gli rendono sospetto il padre della ragazza che ama, ma tutto si accomoderà.