RITA, LA FIGLIA AMERICANA

RITA, LA FIGLIA AMERICANA

Regia di

Piero Vivarelli

Anno

1965

Genere

Commedia, Musicale

Categoria

Cinema


sinossi

Il primo musicarello per Rita Pavone, l’unico per Totò

Una scatenata scorribanda nei ritmi della beat generation, che fa mettere anche a Totò la parrucca da scapestrato, in compagnia dei Rokes

Il primo musicarello di Rita Pavone, che ormai da un paio d’anni si era affermata come imperterrita scalatrice di classifiche con brani entrati a pieno diritto nella storia del pop italiano (“La partita di pallone”, “Datemi un martello”, “Il ballo del mattone”…), e l’anno precedente aveva conquistato anche il pubblico televisivo con lo sceneggiato Il giornalino di Gian Burrasca di Lina Wertmüller. L’approdo al cinema la vede affiancata al gigantesco Totò. L’occasione è ghiotta per mettere in scena una vicenda classica di incomprensione generazionale: il vegliardo crede che quella classica sia l’unica forma musicale concepibile, e dirige un concerto con quattro decrepiti strumentisti che si addormentano durante l’esecuzione; lei è la regina dello yé-yé, e ha un’energia che inevitabilmente contagia anche i più riottosi. Così arriviamo a un’immagine indimenticabile: Totò con parrucca da giovinastro scapestrato che canta un suo brano (“Malvagità”) accompagnato dai Rokes, band inglese che ha trovato in Italia l’Eldorado e che ha segnato come poche altre la storia del beat nazionale.

Un cultore della musica classica adotta un’orfanella scampata a un terremoto. È sua intenzione fare di lei una concertista. Rimarrà particolarmente deluso quando si renderà conto che la giovane impazzisce per le canzonette dei giovani d’oggi, che lui detesta senza mezze misure. Ma sarà lei a conquistarlo alla musica leggera.

Il primo musicarello per Rita Pavone, l’unico per Totò

Una scatenata scorribanda nei ritmi della beat generation, che fa mettere anche a Totò la parrucca da scapestrato, in compagnia dei Rokes

Il primo musicarello di Rita Pavone, che ormai da un paio d’anni si era affermata come imperterrita scalatrice di classifiche con brani entrati a pieno diritto nella storia del pop italiano (“La partita di pallone”, “Datemi un martello”, “Il ballo del mattone”…), e l’anno precedente aveva conquistato anche il pubblico televisivo con lo sceneggiato Il giornalino di Gian Burrasca di Lina Wertmüller. L’approdo al cinema la vede affiancata al gigantesco Totò. L’occasione è ghiotta per mettere in scena una vicenda classica di incomprensione generazionale: il vegliardo crede che quella classica sia l’unica forma musicale concepibile, e dirige un concerto con quattro decrepiti strumentisti che si addormentano durante l’esecuzione; lei è la regina dello yé-yé, e ha un’energia che inevitabilmente contagia anche i più riottosi. Così arriviamo a un’immagine indimenticabile: Totò con parrucca da giovinastro scapestrato che canta un suo brano (“Malvagità”) accompagnato dai Rokes, band inglese che ha trovato in Italia l’Eldorado e che ha segnato come poche altre la storia del beat nazionale.

Un cultore della musica classica adotta un’orfanella scampata a un terremoto. È sua intenzione fare di lei una concertista. Rimarrà particolarmente deluso quando si renderà conto che la giovane impazzisce per le canzonette dei giovani d’oggi, che lui detesta senza mezze misure. Ma sarà lei a conquistarlo alla musica leggera.


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