TROPPO FORTE

TROPPO FORTE

Regia di

Carlo Verdone

Anno

1987

Genere

Commedia

Categoria

Cinema


sinossi

Un personaggio mitico, un’antologia di battute e scene madri entrare nel culto dei fan

Un passaggio di consegne tra Alberto Sordi, l’antieroe della commedia all’italiana, e Carlo Verdone, con la benedizione di Sergio Leone

Oscar Pettinari è di diritto nel pantheon dei personaggi indimenticabili inventati da Carlo Verdone: coatto, sbruffone, malinconico, perdente, a modo suo eroico. Qui si muove in un sogno di emulazione (diventare il Rambo italiano) che si scontra contro la realtà dei provini fallimentari, delle attrici deliziose e isteriche, degli avvocati deliranti. Oggi il film è diventato anche una sorta di antologia di scene madri e assoli recitativi che i numerosi fan conoscono a memoria (nel mito la scena iniziale al flipper con la massima “lavori troppo de polso e usi male l’avambraccio”). Segna anche una sorta di continuità con l’antieroe per antonomasia della commedia italiana, Alberto Sordi, nel ruolo dell’azzeccagarbugli mitomane e inaffidabile. L’Oscar Pettinari di Verdone ricorda infatti da vicino uno dei personaggi più iconici di Sordi, il Nando Meliconi detto Santi Bailor di Un americano a Roma, che crede di essere sulle strade di Kansas City e regola a sforchettate le provocazioni del piatto di spaghetti. Assieme a Verdone sceneggiano Rodolfo Sonego (cioè la penna e la mente dietro ai migliori film si Sordi) e Sergio Leone (quest’ultimo coinvolto anche in veste di produttore).

Oscar sogna di diventare come lo Stallone di Rambo ma ha un faccione troppo buono per passare i provini. Un avvocato mitomane lo convince a simulare un incidente, facendosi travolgere dal macchinone del produttore per spillargli denaro. Ma alla guida c’è la giovane attrice del momento, che resta ferita al volto e vede svanire i propri sogni di gloria. In preda a smarrimento, la ragazza si installa a casa di Oscar…

Un personaggio mitico, un’antologia di battute e scene madri entrare nel culto dei fan

Un passaggio di consegne tra Alberto Sordi, l’antieroe della commedia all’italiana, e Carlo Verdone, con la benedizione di Sergio Leone

Oscar Pettinari è di diritto nel pantheon dei personaggi indimenticabili inventati da Carlo Verdone: coatto, sbruffone, malinconico, perdente, a modo suo eroico. Qui si muove in un sogno di emulazione (diventare il Rambo italiano) che si scontra contro la realtà dei provini fallimentari, delle attrici deliziose e isteriche, degli avvocati deliranti. Oggi il film è diventato anche una sorta di antologia di scene madri e assoli recitativi che i numerosi fan conoscono a memoria (nel mito la scena iniziale al flipper con la massima “lavori troppo de polso e usi male l’avambraccio”). Segna anche una sorta di continuità con l’antieroe per antonomasia della commedia italiana, Alberto Sordi, nel ruolo dell’azzeccagarbugli mitomane e inaffidabile. L’Oscar Pettinari di Verdone ricorda infatti da vicino uno dei personaggi più iconici di Sordi, il Nando Meliconi detto Santi Bailor di Un americano a Roma, che crede di essere sulle strade di Kansas City e regola a sforchettate le provocazioni del piatto di spaghetti. Assieme a Verdone sceneggiano Rodolfo Sonego (cioè la penna e la mente dietro ai migliori film si Sordi) e Sergio Leone (quest’ultimo coinvolto anche in veste di produttore).

Oscar sogna di diventare come lo Stallone di Rambo ma ha un faccione troppo buono per passare i provini. Un avvocato mitomane lo convince a simulare un incidente, facendosi travolgere dal macchinone del produttore per spillargli denaro. Ma alla guida c’è la giovane attrice del momento, che resta ferita al volto e vede svanire i propri sogni di gloria. In preda a smarrimento, la ragazza si installa a casa di Oscar…


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