Un’incalzante thriller processuale dove verità e menzogna si confondono inestricabilmente
Duccio Tessari padroneggia con virtuosismo una materia fosca e labirintica
Più che un thriller, è un incalzante giallo processuale sostenuto da una sceneggiatura particolarmente solida. Duccio Tessari tiene in equilibrio una materia niente affatto semplice, che sovrappone punti di vista contraddittori e accompagna lo spettatore in un labirintico gioco di menzogne e verità. Il presente e il passato si intersecano in una fitta rete di rimandi, flashback e sovrapposizioni temporali. La regia potenzia questo vortice con virtuosistiche invenzioni figurative, inquadrature che deformano le prospettive, movimenti di macchina dall’effetto allucinatorio. Ne emerge un fosco quadro sociale dal quale è difficile immaginare chi si potrà salvare.
Alessandro è messo in carcere con l’accusa di avere accoltellato a morte Françoise. Viene però scagionato in appello in seguito ad altri due delitti, dalla dinamica molto simile al primo, commessi mentre era in prigione. L’autore degli ultimi due omicidi è l’ex fidanzato di Françoise. Ha agito così per potersi vendicare personalmente di Alessandro, che effettivamente era colpevole dell’assassinio della sua ragazza.